Il contado senese

Descrizione

In quel podere non v’era parte che non mostrasse la diligenza del suo cultore. La valletta ombrosa e umidiccia era tutta coperta di frutti e d’ortaggi, e terminava laggiù col verde del granturco e della saggina; le viti, lungo le falde del colle, s’avviticchiavano ai pioppi dondolando al vento i lievi tralci scherzosi, e gli smilzi ulivelli s’arrampicavano su su fino al cimitero, fino alla casa, effondendo un colore grigiastro pel poggio che ricordava una testa umana quando incomincia a imbiancare: insomma non v’era luogo in quello spazio arioso dove non fosse stato disposto ordinatamente e quasi con eleganza […]. In quel podere v’erano tutti i doni del buon Dio: v’era grano, vino, olio, fagiolami, saggina, zucche, cocomeri, peperoni, insalata, stipa pel forno, salci per piegare le viti; e sparse qua e là piante di fico antichissime e noderose, sotto le quali un tempo s’erano riposati i padri domenicani col loro bianco cappellone, quando erano proprietari di quella terra ubertosa: per cui Filusella, arando, nuotava nell’abbondanza.
Mario Pratesi, L’eredità, 1889
Ma alla fine dei miei giorni vorrei rifare a piedi, sacco in spalla, la strada da Monte San Savino a Siena, costeggiare quella campagna d’olive e d’uve di cui risento l’odore, vedere allora sorgere Siena nel tramonto con i suoi minareti, come una Costantinopoli di perfezione.
Albert Camus, Taccuini, 1951-1959

Siena è “figlia della strada”. Così la descrive lo storico Ernesto Sestan sintetizzando il rapporto generativo che un antico percorso di origine etrusca, ricalcato poi dalla Lauretana, e la via Francigena ha impresso allo sviluppo della città e su quella parte di contado che, per un raggio compreso tra sei e otto chilometri, si estendeva oltre la cinta muraria. Era quello il territorio delle Masse che rappresenta una proiezione ideale dell’architettura della città al di là di essa, un’organizzazione di tre comunità autonome fino al 1904 corrispondenti ai Terzi in cui era, ed è, divisa la città: il Terzo di Città, il nucleo più antico e più elevato risalente all’Alto Medioevo che a partire da Piazza del Campo si estende a sud-ovest, il Terzo di Camollia che occupa la parte settentrionale e il Terzo di San Martino, formatosi attorno alla via Francigena nel settore sudorientale.
La polarità di Siena permane anche allontanandosi da essa lungo gli assi che si diramano con struttura radiocentrica innervando il territorio. Il suo profilo costituisce l’elemento focale, l’iconema principale che, dominando il paesaggio del contado funge da raccordo percettivo tra le colline circostanti ed accompagna il camminatore per chilometri e chilometri.
Suoli estremamente fertili in morfologie piuttosto acclivi, segnati da sistemi di ciglionamento e terrazzamento con muri a secco hanno consentito la permanenza della maglia agraria storica, articolata in un mosaico di appezzamenti connessi da una capillare rete di viabilità poderale e interpoderale, un sistema di appoderamento risalente all’epoca comunale, strutturato su una piccola e media proprietà fondiaria.
Tra coltivazioni promiscue, seminativi arborati, alberate, colture arboree, talvolta inframmezzate al bosco, si trovano specialmente olivo e vite consociata con alberi da frutto, gelsi, pioppi, aceri campestri emergono ville-fattoria e casolari, piccoli poderi e orti. È un sistema insediativo denso, fortemente strutturato e perfettamente integrato con il sistema rurale, un paesaggio che è eredità di quegli “Effetti del buon governo nella campagna” rappresentati nel 1338-39 da Lorenzetti sulle pareti della sala del Consiglio del Palazzo Pubblico di Siena e del quale sono ben evidenti alcune permanenze architettoniche, come il castello delle Quattro Torra, e lembi di paesaggio agrario come un piccolo appezzamento di vite, consociata a olivo e recintato da una siepe, che è appoggiato su di una collina poco a nord di Vescona. Quello delle masse è uno degli esempi più paradigmatici di paesaggio della mezzadria poderale dove la relazione stretta e strutturante tra sistema insediativo storico e tessuto dei coltivi è leggibile a più scale. Dalla scala del grande nodo urbano che ha proiettato le proprie risorse economiche e culturali nel contado, a quella delle numerosissime ville-fattoria residenziali e produttive, elementi di transizione fra lo spazio urbano e la campagna, fulcri organizzatori del paesaggio agrario, circondate da parchi e giardini, sino alla scala delle case coloniche collocate ognuna sul proprio podere su cui vegliavano chiese rurali, oratori e cappelle votive, tabernacoli o croci. Filari di cipressi segnano i crinali accompagnando a piccoli aggregati, borghi agricoli sviluppatisi attorno a castelli e pievi a presidio del tracciato in dialogo con gli insediamenti del fondovalle ad essi complementari dal punto di vista economico, ambientale e difensivo.